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STUDIO LEGALE GERVASI DIMASI SORGIOVANNI 

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Il decreto di archiviazione delle indagini preliminari e il divieto di ne bis in idem nella fase esecutiva.Pericolo di reiterazione del reato e attualità.La coltivazione domestica di stupefacentiSfratto e proceduraI principi basilari in materia di misure di prevenzione patrimoniali.La revisione europea del processo penaleLa partecipazione ad associazione per delinquere e il concorso di persone nel reato continuato.La perizia e la consulenza tecnica nel processo penale.La revisione del processo penale.Diritto e medicina.Reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso: I presupposti.La consulenza tecnica nel processo penale e il dovere del giudice di valutarla.Delitto tentato.Detenzione domiciliare in casi speciali.

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Misure cautelari.

MISURE CAUTELARI – GIUDICATO CAUTELARE – MOTIVAZIONE
Le nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia, successive all’emissione dell’ordinanza custodiale, sono questioni nuove (c.d. deducibili) e, in quanto tali, impongo al Gip e al Tribunale del riesame, eventualmente investito dell’appello cautelare, di valutarle criticamente in sede di decisione dell’istanza di revoca e/o di sostituzione della misura cautelare avanzata dall’indagato.
A ciò non è di ostacolo nè il c.d. giudicato cautelare, nè il mancato approfondimento investigativo del PM finalizzato a verificarne la credibilità e rilevanza, compiti, questi ultimi, spettanti al giudice della cautela, di cui dovrà dare adeguato conto in parte motiva della propria decisione.
(In applicazione di detti principi, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio, per difetto di motivazione, l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro in sede di appello ex art. 310 cpp che, confermando la decisione del Gip, aveva escluso la rilevanza delle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia sopraggiunte dopo l’emissione della misura cautelare, sul duplice erroneo presupposto che dette dichiarazioni non fossero idonee a superare il giudicato cautelare e in più difettavano di approfondimento investigativo necessario per saggiarne la credibilità e la rilevanza)
(Cass. Pen. Sez. VI n. 24264 del 21/06/2021)

 

MISURE CAUTELARI – MOTIVAZIONE.
Dopo la legge n° 47 del 2015, entrata in vigore I’8/5/2015 – che ha sostanzialmente completato il percorso normativo che trova nella legge n. 332 del 1995 prima e nella legge 397/2000 poi gli antecedenti diretti e nella medesima direzione – la disposizione di cui all’art. 292, lett. C c.p.p. richiede a pena di nullità “l’esposizione e autonoma valutazione” delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto anche conto del tempo trascorso dalla commissione del reato. In senso corrispondente è stato modificato l’art. 309 c.p.p. che, al comma 9, prevede che il Tribunale annulla il provvedimento impugnato “se la motivazione manca o non contiene l’autonoma valutazione a norma dell’art. 292 delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa”.
(Il Tribunale del riesame di Milano ha ritenuto, in accoglimento della specifica questione sollevata dalla difesa, di non poter procedere all’integrazione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere in ipotesi di motivazione assente per omessa esposizione e autonoma valutazione del Gip delle risultanze contenute nella richiesta del PM di misura cautelare, decretando l’annullamento della misura cautelare in ipotesi di traffico di sostanza stupefacente).
(TRIBUNALE DEL RIESAME DI MILANO).

 

MISURE CAUTELARI – CONTESTAZIONI “A CATENA”.
I reati tra cui esiste connessione sono destinati ad essere riuniti nello stesso procedimento e la decorrenza delle relative misure cautelari è regolata dalla prima parte del terzo comma dell’art. 297 c.p.p., perciò il loro trattamento non può mutare se per qualche ragione quei reati diventano oggetto di procedimenti diversi, anziché dello stesso procedimento, a meno che la loro riunione sia divenuta impossibile perché al momento del rinvio a giudizio non emergevano dagli atti.
(TRIBUNALE DEL RIESAME DI VENEZIA)

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